Una grandezza fondamentale in meccanica è l'energia. Parleremo dell'energia meccanica, che è fatta di due componenti: l'energia potenziale e l'energia cinetica. In meccanica, l'energia meccanica può crescere, diminuire, o rimanere costante. Ma se allarghiamo lo sguardo fino alla termodinamica e introduciamo anche il calore, che è un'altra forma di energia, scopriamo che in realtà l'energia non si crea e non si distrugge, ma può solo cambiare forma. Il veicolo con cui cambia forma, da una forma all'altra, nel nostro caso dall'energia potenziale all'energia cinetica, o nelle diverse forme dell'energia potenziale, è il lavoro. Il lavoro, cioè, è una grandezza omogenea all'energia ed è un veicolo di energia da una forma all'altra. Il lavoro è compiuto dalle forze. Infatti, con l'energia non si introduce nulla di nuovo rispetto ai principi della dinamica di Newton, ma si dà loro una nuova forma, che è più agevole, una veste nuova, che ci permette, in molti casi, di risolvere dei problemi pratici in maniera molto più veloce e semplice. Iniziamo ad introdurre il concetto di lavoro. Ad esempio, se abbiamo una certa massa, potrebbe essere questo carrello: se io ora tiro, con una forza costante in modulo, direzione e verso parallelamente alla guida, questo carrello inizia ad accelerare e la mia forza compie del lavoro sul carrello, sulla massa. Vediamo allora come si definisce il lavoro: il lavoro lo indichiamo con la lettera W maiuscolo, ed è il prodotto della forza in modulo per lo spostamento, Δx, della massa, nel senso che in questo caso ci basta un asse solo, l'asse x, e quindi Δx è la lunghezza, in metri o in centimetri, che ha compiuto in avanti questa massa. Il lavoro, essendo un prodotto tra forza e spostamento, si misurerà come N*m. Newton per metri equivale a joule. 1J, in onore dello scienziato britannico che studiò il calore e che comprese come il calore fosse una forma di energia, è pari al prodotto di 1N*1m. E quindi, rielaborando il newton, possiamo andare a determinare che un joule è pari a 1Kg*1m²/s². Ora, questo che abbiamo visto è il caso più semplice di forza costante in modulo, direzione e verso e parallela allo spostamento. Cosa succede se, invece, compiamo un lavoro con una forza che non sia parallela alla direzione di spostamento del moto, cioè del corpo, ma che abbia un certo angolo. Lo possiamo vedere in questa maniera: se io ora agisco con una forza che ha un certo angolo, ora sono circa 45° rispetto alla direzione della guida, ecco che posso comunque, in questo caso, accelerare la massa; ovviamente, la forza del mio braccio non sarà l'unica che agisce, altrimenti la massa non andrebbe in questa direzione, in quanto in questo caso ci sono anche delle reazioni vincolari che mantengono il carrello sulla guida. Compio comunque un lavoro con la mia forza, anche se c'è un certo angolo. Il lavoro che compio deve essere calcolato come forza per spostamento, ma proiettando la forza lungo la direzione dello spostamento. Quindi, una formula più corretta, perché valida anche per forza non parallele allo spostamento, è quella che scrivo adesso: forza tangenziale per spostamento. Cioè, in generale bisogna proiettare la forza nella direzione del moto e quindi considerare, per il calcolo del lavoro, solo la componente tangenziale, cioè la proiezione nella direzione del moto della forza. Cioè, questa formula è pari al modulo della forza F*Δx per il coseno di un angolo che possiamo chiamare α; l'angolo α è l'angolo tra la direzione dello spostamento e la forza che agisce. Quindi, in questo caso l'angolo è 0, man mano che giro così l'angolo aumenta, fino a 90°, quando ovviamente non riesco più a spingere o a tirare il carrello perché agisco perpendicolarmente allo spostamento. Ora, analizziamo il caso più generale possibile di lavoro, quando cioè la forza non è costante in modulo, direzione e verso e lo spostamento non è per forza unidirezionale. Facciamo quindi un disegno generico, rimaniamo nel piano bidimensionale solo per semplicità e diciamo che, ad esempio, una massa percorre una certa traiettoria anche complessa nello spazio, che potrebbe essere questa traiettoria γ che ho indicato. Punto per punto, la forza potrebbe avere moduli diversi e direzioni diverse; ad esempio, quando il corpo si trova in questo punto P_1, la forza potrebbe essere questa: uso una freccia che avevo preparato prima, per indicare che la forza è diretta in quella direzione. Per cui, rispetto allo spostamento, l'angolo è abbastanza piccolo in questo caso, è questo angolo α. Più avanti, magari, la forza potrebbe essere ad esempio in questo punto qui, nel punto P_2, potrebbe essere diretta verso indietro, cioè avere un angolo rispetto allo spostamento che è maggiore di 90°, vedete che questo angolo α è maggiore di 90°. E via via così, quindi potrei essere, in un certo punto, non so qui, nel punto P_3 ed avere ancora un altro angolo e magari anche un altro modulo della forza e questo è ancora α. Ecco che quindi notiamo come, al variare della direzione della forza rispetto allo spostamento punto per punto, essendoci il coseno dell'angolo, nel senso che ho proiettato la forza in direzione tangenziale allo spostamento, quando l'angolo è minore di 90°, come nel primo e nel terzo caso, il coseno dell'angolo è positivo e quindi il lavoro è positivo. Questo si chiama lavoro motore. Cioè quando W è positivo, il lavoro si dice motore; nel senso che è un lavoro che agisce effettivamente per spingere in avanti, per accelerare l'oggetto. Quando invece l'angolo è maggiore di 90°, come nel secondo caso, ecco che la forza agisce a fermare il corpo, cioè agisce contro il movimento, e quindi si dice che il lavoro negativo è un lavoro resistente. Ovviamente c'è un terzo caso, che è il caso di lavoro nullo, quando l'angolo è pari esattamente a 90°. E quindi, nel caso più generico di un moto nello spazio lungo una traiettoria qualsiasi, con una forza che non è costante, ma continua a cambiare in direzione e verso rispetto allo spostamento, possiamo generalizzare la definizione di lavoro, dicendo che il lavoro è pari punto per punto alla forza tangenziale per uno spostamento che possiamo chiamare ora Δl, nel senso che non abbiamo più un asse unico x, ma una direzione generica lungo la traiettoria γ; e questa forza per spostamento deve essere considerata istante per istante, nel senso che ad ogni posizione la forza cambierà direzione e verso, e quindi questo è valido solo per un piccolo intervallo, e sommare intervallo per intervallo, cioè suddividere la linea in tanti segmenti. Più rapidamente varierà la direzione del corpo, o più velocemente varieranno la direzione, il verso e il modulo della forza, e più dovrò suddividere gli intervalli in percorsi sempre più piccoli e sommare i contributi punto per punto, quindi fare una grande sommatoria di questo prodotto forza per spostamento. Quindi, passando al limite, il lavoro è pari all'integrale, cioè alla sommatoria estesa ad un numero sempre più grande di intervalli, ma sempre più piccoli, del prodotto tra la forza tangenziale e lo spostamento, che ora è infinitesimo, dl. Questa è la formula più completa sul lavoro, che possiamo quindi riportare nel formulario. Quindi scriviamo che il lavoro compiuto da una forza lungo un certo spostamento è pari all'integrale della forza proiettata in direzione tangenziale allo spostamento, per lo spostamento stesso.